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[SEGNALAZIONE]- TOYING - CALEB- KYLIE GILMORE

 


Buon giorno BOOK LOVERS!

Vi segnaliamo l'uscita del quarto volume della serie 

"Storie Scatenate" di Kylie Gilmore!


 TOYING – CALEB 

KYLIE GILMORE

Genere: Romance Contemporaneo

Serie: Storie Scatenate #4

Editore: Extra Fancy Books

Pagine: 228

Formati: E-book (Kindle)

Prezzo: E-book 4,99

Data d' uscita: 17 Novembre 2022

Link:Toying-caleb

Sloane

Quando ti dicono che sei il brutto anatroccolo, impari a non farti molte illusioni. Quindi, che cosa faccio quando Caleb Robinson, un favoloso modello, mi offre da bere? Lo rifiuto nettamente. Dev’essere uno scherzo.

Due giorni dopo sto lavorando in officina con la mia tuta blu sporca e sbaffi di grasso sulla faccia e lui si fa vivo di nuovo e me lo richiede. Sono senza parole. Che diavolo ha in mente questo tizio? Gli uomini come lui non escono con le ragazze come me.

Caleb

Sto dando la caccia alla donna più fantastica che ci sia mai stata, che è destinata a diventare mia moglie: Sloane Murray. Papà ha sempre detto che era stato così per lui. Aveva chiesto alla mamma di sposarlo al loro primo appuntamento. Finora non avevo creduto che potesse succedere così in fretta.

Lentamente ma inesorabilmente, convinco Sloane della mia sincerità e il nostro futuro sembra pieno di speranze finché la porto nel mio mondo di modello. Il problema è che non si adatta. E quando la mia carriera decolla, è chiaro che non posso inseguire il mio grande sogno e avere la ragazza dei miei sogni. Se l’amore fosse semplice come il primo colpo di fulmine.

Commedia romantica standalone con un lieto fine da svenire. Nessun cliffhanger.

Storie scatenate

Fetching - Wyatt (Libro No. 1)

Dashing - Adam (Libro No. 2)

Sporting - Eli (Libro No. 3)

Toying - Caleb (Libro No. 4)

Blazing - Max (Libro No. 5)


 AUTRICE:

Kylie Gilmore è l'autrice Bestseller di USA Today delle serie: I Rourke; Storie scatenate; The happy endings Book Club; The Clover Park e The Clover Park Charmers. Scrive romanzi rosa umoristici che vi faranno ridere, piangere e allungare le mani per prendere un bel bicchiere d'acqua. Kylie vive a New York con la sua famiglia, due gatti e un cane picchiatello Quando non sta scrivendo, tenendo a bada i figli o prendendo debitamente appunti alle conferenze per gli scrittori, potete trovarla a flettere i muscoli per arrivare fino all'armadietto in alto, dove c'è la sua scorta segreta di cioccolato. Iscrivetevi alla newsletter di Kylie per avere notizie sulle nuove uscite e sulle vendite speciali


ESTRATTI

 Sloane

Okay, dite pure che sono un po’ stramba. E allora, che cosa c’è di strano se sto bevendo qualcosa da sola nel bar della mia città natale, di sabato sera? Bevo un sorso di black and tan, il cocktail di birra scura e chiara, sentendomi più appariscente che mai tra la folla di questa sera. Sembra che sia capitata in una riunione della famiglia Robinson o roba simile. L’Horseman Inn, uno storico bar e ristorante in città, appartiene alla famiglia Robinson da generazioni. Ma questa è una quantità epica di Robinson, che sembrano essersi moltiplicati mentre ero via. È il sabato dopo il Giorno del Ringraziamento, quindi probabilmente avevano bisogno di uscire di casa dopo tutti i festeggiamenti, le partite di touch football e qualunque altra cosa facciano le grandi famiglie felici. Non saprei, siamo solo papà e io, da molto tempo.

Un tizio dall’altra parte del bar, sulla trentina con i capelli biondi lisci, coglie la mia attenzione, alzando una mano per salutare. Il mio polso accelera. Niente anello al dito e non lo conosco da quando abitavo qui.

Lo saluto con la mano e sento le guance che scottano. Calmati! Bevo un sorso del mio drink, sperando che si avvicini. Non sono brava a flirtare. Si potrebbe pensare il contrario, visto che ho sempre avuto solo amici maschi. So come funziona il loro cervello. Sfortunatamente, la maggior parte degli uomini mi considera un’amica o qualcuno che può aiutarli con la loro auto. Sono un meccanico.

Non dovrei farmi illusioni. Gli uomini di bell’aspetto non tentano mai di rimorchiarmi in un bar, o da nessun’altra parte, se è per quello. Di solito, il modo in cui finisco con un uomo è semplice: uno dei miei amici si arrapa e fa una mossa. Io sono lì, a portata di mano. Poi non siamo più amici, perché le cose diventano strane dopo aver fatto sesso. La maggior parte di queste storie si sgonfia dopo un paio di settimane al massimo.

Non tento più di farmi avanti io con i ragazzi carini dopo quella volta mortificante in cui avevo avvicinato un tizio in un bar. Pensavo che mi stesse rivolgendo occhiate interessate e, imitando i miei amici maschi, gli avevo detto che mi sentivo giù finché lui non mi aveva fatto andare su di giri. Già, l’avevo proprio fatto. A mia difesa avevo visto parecchie volte i miei amici avere successo con questa tecnica. Dio, com’era andata male! Mi aveva chiesto se in realtà ero un maschio vestito da donna. Poi mi aveva tirato i capelli per vedere se era una parrucca. Davvero. È proprio successo. Quindi non vi sorprenderete se non ho mai avuto una relazione che durasse più di due settimane, e mi scoccia da morire perché vorrei veramente avere una relazione seria.

Il ragazzo carino fa la sua mossa e occupa lo sgabello vuoto accanto a me. Sono veramente eccitata che qualcuno mi rimorchi in un bar. È lusinghiero e promette bene. È vestito bene, con una camicia e jeans. «Ciao, sono Brad.»

Sorrido, mettendomi i capelli dietro le orecchie. «Sloane.»

«Non lavori da Murray?»

«Sì.»

Murray è l’officina di mio padre qui in città.

Lui mi rivolge un sorriso bianchissimo. «Una donna meccanico, eh? È sexy.»

Apprezzo la parte dell’essere sexy, non molto il resto. «Preferirei che mi definissero meccanico, non donna meccanico.»

«Permalosa.»

Sono scocciata. Certo che sono permalosa. Non mi sono mai sentita accettata dalla famiglia o dal mondo esterno perché mi piace fare il meccanico. Che si fottano. L’officina di papà è l’unico posto in cui mi sono mai sentita a casa. Questo tizio ha bisogno di essere istruito. «Tu che lavoro fai?»

«Agente di cambio.»

«La gente ti chiama agente di cambio maschio?»

Lui si avvicina. «Grintosa, mi piace. Senti, ho la Mercedez Benz qui fuori. Fa questo strano rumore quando accelero. Andiamo a fare un giro così puoi ascoltarlo e dirmi che cosa c’è che non va.»

Sento le guance che scottano per l’umiliazione. Perché illudermi che un uomo carino sia veramente interessato a me? Non sono una bellezza e lo so. Sono bassa, seno scarso e fianchi stretti. Niente curve come quelle che piacciono agli uomini. Ho anche i capelli castani, diritti che arrivano alle spalle e un viso così così. Stasera indosso una camicia bianca di cotone con le maniche lunghe e i leggings. Super alla moda. No!

Prendo un biglietto da visita dalla borsettina. «Ecco. Chiama l’officina lunedì mattina e prendi un appuntamento.» Spero di diventare un socio da Murray un giorno e non succederà mai se rinuncerò ai lavori pagati aiutando la gente con le loro auto nel mio tempo libero. Devo dimostrare a mio padre che posso procurarmi dei clienti. Non sono nemmeno sicura su questa faccenda del socio. Papà e io siamo a un punto morto per quanto riguarda la mia situazione lavorativa.

Brad prende il biglietto da visita e lo ficca nella tasca posteriore. «Grazie.» Abbassa la voce. «Ti piacciono le ragazze, Sloane? Potrebbe essere sexy.»

Wow, sono così contenta che trovi sexy tante cose di me. La gente dalla mente ristretta come lui mi giudica regolarmente per via del mio lavoro. Non che ci sia niente di male a essere gay. Non penso che si debba etichettare una persona perché il suo genere non va d’accordo con quello che uno crede sia quello giusto per quel determinato lavoro. Io non supporrei mai che un uomo che lavora in un campo prevalentemente femminile, come ad esempio un insegnante di scuola materna, sia gay per via del suo lavoro. Ciascuno dovrebbe fare il lavoro che gli si adatta meglio. Punto.

Lo guardo negli occhi. «Buffo che lo chieda. Sto aspettando che la mia ragazza torni dal bagno. Adesso puoi andare.»

Lui mi rivolge un sorriso lascivo. «Io ci starei. Che ne dici se andiamo a fare un giro, noi tre?»

«E tu che ne dici di tornare sotto il tuo sasso?»

«Stronza.»

Torna dall’altra parte del bar e poi parla con i suoi amici continuando a guardarmi, probabilmente raccontando loro della stronza. Stringo le labbra. Che coglione. Non riesco a credere di essermi eccitata per un attimo quando si è avvicinato.

Resto lì, non sono pronta ad andare a casa e affrontare le domande di mio padre riguardo le mie prospettive di lavoro. L’estate scorsa, dopo quattro anni, ho lasciato il lavoro di insegnante di matematica alle superiori. Sono a casa da cinque mesi, lavoro nell’officina di papà e non ho inviato nemmeno una domanda d’impiego perché non voglio lavorare da nessun’altra parte. Lui non sembra sentirmi quando gli dico quanto mi piacerebbe restare, lavorare da Murray’s. Non lascia nemmeno che mi occupi della contabilità perché non vuole che mi faccia coinvolgere, quando l’officina dovrebbe essere solo una breve pausa nel mio percorso verso una carriera migliore.

Papà è super orgoglioso che sia stata la prima della nostra famiglia a frequentare il college e insiste che ho bisogno di un lavoro che mi permetta di usare la mia laurea. Solo per evitare discussioni, gli ho detto di aver inviato diversi curricula ma che non c’era ancora niente. Lui insiste che usi la mia laurea perché era stato obbligato ad abbandonare la scuola e a occuparsi dell’officina per mantenere la famiglia quando suo padre era morto improvvisamente per un infarto. Lo capisco, non aveva avuto scelta. Ma la carriera che lui non aveva scelto è quella che invece ho scelto io. Come ho detto, siamo in una situazione di stallo.

Nella sala da pranzo posteriore scende il silenzio. Do un’occhiata. Eli Robinson ha smesso di suonare la chitarra acustica. Jenna, la sua ragazza, è seduta davanti a lui e lo guarda adorante. Ho riparato le loro auto dopo un piccolo tamponamento.

Torno al mio drink. Qualche minuto dopo si sentono applausi e fischi venire dalla sala da pranzo. Sembra che Eli e Jenna si siano appena fidanzati. Erano più avanti di me a scuola, quindi non li conosco bene. Anche così, sento un groppo in gola vedendo Jenna che ride e piange allo stesso tempo. La loro famiglia e gli amici li circondano, abbracciandoli e congratulandosi. Una grande famiglia felice. Quando la mamma se n’è andata, essere figlia unica era sembrato ancora più solitario. Fantasticavo di far parte di una famiglia numerosa, fratelli con cui giocare, sorelle che mi insegnassero tutta quella roba che le ragazze sembrano sapere istintivamente. Un giorno spero di avere una famiglia numerosa tutta mia e poi non mi sentirò mai più emarginata.

Giusto. Mi volto, disegnando una X nella condensa sul bicchiere. Ho solo bisogno di un uomo che alla prima occhiata non pensi “amica” oppure “riparazioni gratuite”. Immagino che questa sera possa aggiungere ménage à trois a quella lista.

Parlare con gli uomini non mi intimidisce, in fondo ho sempre avuto amici maschi, quindi un momento dopo, quando sento un tizio dire del cane che ha appena adottato: «L’unico mio amore è Huckleberry» mi sento obbligata a reagire dicendo Huckleberry. Ma sei serio?

Mi volgo e vedo Caleb Robinson – modello – circondato da donne. Naturale. È come il sole intorno al quale ruotano le donne. Non si può negare la sua bellezza virile. Perfetto, dagli zigomi spigolosi alla mandibola squadrata e al corpo muscoloso e proporzionato. Mi vengono in mente gli dèi greci.

«Almeno chiamalo Huck» dico. «Gli altri cani lo prenderanno in giro con un nome come quello.»

Oh, merda. Si sta avvicinando.

Resisto appena alla tentazione di lisciarmi i capelli. Non ho imparato niente da quello che è successo stasera? Gli uomini come lui non si interessano mai alle ragazze come me. Questa volta però sarò indifferente. Le speranze stanno a zero.

Lui si avvicina, la sicurezza di sé personificata, con un sorrisino sulle labbra sensuali.

Il mio polso accelera e mi preparo all’impatto. Non sono nemmeno lontanamente nella stessa categoria di Caleb. Lui è qui solo per giustificare il nome ridicolo del suo cane.

Si appoggia al bancone accanto a me. È vestito da motociclista: giacca nera di pelle sopra un’aderente maglia termica grigia, jeans neri e stivali. È uno strano contrasto con il suo aspetto curato. I capelli castano chiaro sono tagliati cortissimi e mettono in evidenza gli angoli cesellati del volto dalla barba ben rasata. Non so come, ma il look gli dona.

Mi rivolge un sorriso che mi dà una scossa inaspettata. È ancora più bello di persona che in fotografia. E credetemi, non è sempre così. Conosco il mondo della moda e della pubblicità. La mamma mi ci ha fatto vivere finché avevo smesso di essere caruccia ed ero finita a faccia in giù nella goffaggine. Un fotografo aveva detto alla mamma, sussurrando abbastanza forte perché lo sentissi chiaramente, che ero il brutto anatroccolo al contrario: avevo cominciato come bambina adorabile e poi... basta. Aveva detto che avrei semplicemente dovuto smettere, che nessuno mi avrebbe più assunta. La mamma non mi aveva difesa; invece mi aveva studiata con occhio critico e poi era sembrata rassegnata. Avevo dodici anni. Respingo in fondo alla mente i ricordi orrendi di quello che era seguito e che ancora adesso mi fa stare male.

Caleb china la testa vicino al mio orecchio. «Hai qualche problema con il nome Huckleberry?»

Gli presto immediatamente attenzione. «Dai, che razza di nome è per un cane?»

«Uno giusto. Lui è Huckleberry.» Mi fissa per un lungo momento. «Tu sei Sloane, vero? Di Murray’s?»

Per favore non dirmi che dovrei dare un’occhiata alla tua auto. Non riuscirei a sopportare due uomini di fila che mi chiedono un consulto gratuito il sabato sera. Sarebbe un minimo storico per me. Una parte di me vuole tenere in vita la fantasia che un giorno un uomo mi vorrà per avere quella famiglia numerosa che ho sempre desiderato.

Faccio l’indifferente, cambiando argomento. «Sì, so chi sei tu, Caleb Robinson. Ho visto alcune delle tue pubblicità.»

«Bello. Io ti ricordo da quando andavamo a scuola. Eri un anno avanti a me. Eli mi aveva detto che eri tornata in città.»

Annuisco e torna alla mia black and tan, bevendo un sorso. Le speranze restano a zero e va bene così. Comunque non c’è altro da dire. Il suo cane ha un nome buffo, e lui lo sostiene. Non gli chiederò certamente di parlarmi della sua carriera di modello. È il mondo che mi ha sfruttata e poi sputata.

«Spero che non ti dispiaccia se resto qui un po’» dice. «Mia sorella aveva quell’espressione decisa negli occhi, da paura, e stava venendo proprio da me. Ho avuto la sensazione che avesse in mente di affibbiarmi qualcuno. Aveva cercato di farlo con Eli e temo che sarò il prossimo.»

Mi volto a guardarlo. «E se scegliesse una donna eccezionale?»

Lui rabbrividisce. «No, grazie. Preferisco tenere mia sorella fuori dalla mia vita personale. Può diventare implacabile. Non fraintendermi, le voglio bene. Per me è una seconda madre, ma adesso sono un adulto.» In città tutti sanno che sua madre è morta in un incidente quando erano bambini. La sorella maggiore, Sidney, ovviamente vorrà occuparsi di lui. Ma quando guardo l’uomo muscoloso, alto sul metro e ottantacinque, non ci sono dubbi che sia un adulto. Sento la gola secca. «Capisco.»

«Posso offrirti da bere, intanto che sono qui?»

Guardo il mio bicchiere mezzo pieno. «Ho già da bere.»

Lui ridacchia. «Già. Ti offrirò il prossimo.»

Prima che possa rispondere, mi informa, senza che glielo chieda, che Jenna ed Eli quasi non si erano messi insieme perché Sidney non approvava, perché Jenna si era lasciata alle spalle dei cuori infranti a causa della sua incapacità di avere relazioni serie. Sembra molto maturo e come se sapesse che cosa significa una relazione seria. Sento farsi strada un briciolo di speranza.

«Sembra che tu sia esperto di relazioni» dico.

«Non proprio» risponde ridendo. «Per niente. Il fatto è che più una donna mi dà la caccia, meno mi interessa. E mi danno sempre la caccia.»

Speranza zero. Niente, valore nullo.

«Ovvio» dico senza dargli importanza.

Lui sorride, scuotendo la testa. «Sembravo presuntuoso. Giuro, non sono così.»

«Uh-uh.»

Caleb sembra pensieroso e mi fissa negli occhi. «Immagino di non aver mai incontrato la donna giusta.»

«Non ti è capitata nessuna bella modella?»

«Non è quello che ho detto.»

Bevo un sorso del mio drink, evitando di commentare. Dovrei andarmene. Caleb può scegliere la donna che vuole e sua sorella gli sta presentando le donne single. Io non faccio parte dell’equazione.

«Con chi sei qui?» mi chiede.

Quasi spiffero la verità: che sono venuta da sola perché non sopportavo più le domande di mio padre. Le due amiche che avevo alle superiori si sono trasferite e il mio migliore amico, Max, è uscito con una donna, ma sembrerei patetica. Io non sono patetica. È così che sono andate le cose questa sera.

Bevo un altro sorso di birra, sentendomi nuovamente fuori posto e troppo imbarazzata per andarmene.

Lui continua. «Ricordo che giocavi a calcio alle superiori. Eri bravissima, scartavi tutti, un fulmine.»

Mi volto di scatto a guardarlo. Dovrei credere che il ragazzo d’oro della Scuola Superiore di Summerdale guardava veramente il calcio femminile e me in particolare? Sanno tutti che Caleb aveva un codazzo di ragazze che lo seguiva fin dalle elementari.

«Grazie» dico, con le guance che si arrossano nonostante la mia decisione di restare calma. Non ricevo molti complimenti.

Caleb curva le labbra in un sorriso sexy che fa volare le farfalle nel mio stomaco. «Sei qui da sola?» Guarda lo sgabello vuoto di fianco a me. Oltre quello c’è un gruppo di donne che non conosco.

Rizzo il pelo. Deve sospettare che sia qui da sola e mi compiange. Poi mi chiederà di unirmi ai festeggiamenti di famiglia, e non è il mio posto. Non sapevo che ci sarebbe stata una festa di fidanzamento quando sono venuta. Volevo solo uscire di casa.

Metto qualche banconota sul bancone. «Ti lascio tornare ai vostri festeggiamenti.» Salto giù dallo sgabello e me ne vado, sentendo i suoi occhi su di me.

Per un breve momento penso che forse ci stava provando con me. Mi aveva offerto da bere. È possibile che chiedesse insistentemente con chi ero perché sperava che fossi single? Nooo. È circondato da donne con tutte le curve al posto giusto, coi maglioni aderenti e vestiti attillati. E non sono nemmeno imparentate con lui. L’unica donna della sua famiglia è Sydney.

Anche così non riesco a resistere a darmi un’occhiata alle spalle. È già circondato da belle donne sorridenti.

Vado risoluta verso la porta. E mi stava giusto parlando di evitare i maneggi matrimoniali di sua sorella. Ovviamente non vuole avere una relazione seria e io non ho nessuna intenzione di far parte del suo harem. Non che lui l’abbia chiesto.








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